lunedì 23 giugno 2014

Frida Kahlo - Si sbagliò la colomba

«Ero solita pensare di essere la persona più strana del mondo ma poi ho detto, ci sono così tante persone nel mondo, ci dev’essere qualcuna proprio come me, che si sente bizzarra e difettosa nello stesso modo in cui mi sento io»

Frida Kahlo, Autoritratto come Tihuana.





Quelle sopracciglia folte e lo sguardo severo: Frida Kahlo era già destinata a diventare un'icona.
Commovente il filmato in cui la si vede cedere alla dolcezza del suo profondo amore per Diego Rivera.
Ed è proprio Rivera, qui rappresentato come il terzo occhio della dea Kali: in "Autoritratto come Tehuana"  è al centro dei suoi pensieri. I fiori che Frida porta in capo diramano le loro radici e trasmettono un senso di fragilità, come la frattura di un calice di cristallo che non si spezza, ma rimane profondamente crepato.



La mostra comprende circa 167 opere tra dipinti e disegni, che documentano l’intera carriera artistica di Frida Kahlo, riunendo capolavori assoluti tra raccolte pubbliche e private, provenienti da Messico, Europa e Stati Uniti. Ottima nella seconda sala l'interazione con l'arte messicana, che ha fortemente influenzato la sua carriera sebbene fosse autodidatta. 




Frida e l'aborto
La sua esistenza è tristemente legata al terribile incidente avuto all’età di diciasette anni.   L’autobus su cui viaggiava si schiantò contro un tram e le conseguenze che riportò  furono disastrose. Varie fratture, tra cui quelle  alle vertebri lombari,  la costrinsero a dolorosi e molteplici interventi chirurgici,  a lunghe degenze in ospedale e ad una esasperante immobilità.
Presto manifestò doti artistiche dipingendo spesso se stessa. La sua produzione è composta soprattutto da autoritratti di piccolo formato dove raffigura  una donna sofferente nell’anima, nel fisico, ma che mostra sempre fierezza e voglia di vivere.

Un altro evento che la segnò profondamente fu l'aborto e l'inadeguatezza del suo corpo a portare a termine una gravidanza. In "Frida e l'aborto" il bambino è legato a Frida da un cordone ombelicale che sale come un rampicante lungo la gamba destra. In questo disegno si respira la vita come morte.

Frida a letto



In "Frida a letto" lei si ritrae tenendosi l'addome dal dolore. Una sola lacrima le solca il viso, mentre il cordone si dirama verso cinque elementi simbolici, tra i quali lo stesso bacino che le impedisce di diventare madre.

Autoritratto con collana di spine


In quest'opera, particolarmente struggente, Frida si autoritrae come un moderno Cristo: lo sguardo fisso e fermo, guarda dritto in fronte alla tragica realtà che sta vivendo e sembra non far trapelare alcuna emozione. Il Colibrì vivo è simbolo di fortuna ma anch'egli sembra quasi crocifisso e appeso senza più vita ormai, mentre la scimmia generalmente ricorda la futile bramosia dell'uomo.
Sul capo una stoffa è intrecciata riprendendo la forma di un otto orizzontale, simbolo dell'eternità e dell'infinito, mentre le farfalle simboleggiano l'amore: l'ennesimo richiamo all'amore eterno per Diego Rivera, nonostante i tradimenti e l'abbandono. L'opera si ispira infatti al "Winged Domino"  di Roland Penrose, opera dedicata alla separazione dalla moglie e in cui la collana di spine riferisce direttamente al cognome Pen-rose. 



Concludo con l'opera con cui si conclude la mostra: "Autoritratto con colomba". Il tratto incerto è indice dei suoi peggioramenti di salute eppure questo disegno mantiene ancora un forte spessore emotivo: la bocca è ammutolita, cancellata, inesistente. Niente più parole per una vita che le ha concesso poche gioie. La colomba è il cimbolo della sua anima smarrita e poggia ancora su intreccio di linee che ricorda il simbolo dell'eternità. I suoi occhi non guardano più con fierezza verso lo spettatore, ma guardano "oltre", si proiettano verso l'infinito.


Dal suo diario sappiamo che la colomba è legata a un'amara poesia.


Si sbagliò la colomba.
Si sbagliava.
Per andare al nord fuggì al sud.
Credette che il grano fosse acqua.
Si sbagliava.
Credette che il mare fosse il cielo;
e la notte, la mattina.
Si sbagliava.
Credette che  le stelle fossero rugiada;
e il calore neve.
Si sbagliava.
Credette che la tua gonna fosse la tua blusa
e il tuo cuore la sua casa.
Si sbagliava.
(Lei si addormentò sulla spiaggia.
Tu, sulla cima di un ramo)

Se equivocó la paloma, Rafael Alberti.



FRIDA KAHLO
a cura di Helga Prignitz-Poda
20 marzo - 31 agosto 2014


Biglietti
Intero € 12,00
Ridotto € 9,50


Informazioni, prenotazioni, visite guidate per singoli e gruppi
Tel. 06 39967500 

http://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-frida-kahlo



martedì 22 aprile 2014

Munch e la mostra anti-urlo di Restellini





Attraverso l’arte cerco di vedere chiaro nella mia relazione con il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirle, a guardarsi dentro.           E. M.



Per chi si trovasse a Genova, immancabile è la visita alla mostra presso il Palazzo Ducale dedicata ad Edvard Munch e curata da Marc Restellini (già direttore della Pinacothèque de Paris), in collaborazione con Arthemisia Group e 24 Ore Cultura.
Il percorso espositivo racconta l’evoluzione artistica di Munch attraverso ottanta opere, da quelle giovanili fino ai quadri della maturità.

"Io avverto un profondo senso di malessere, che non saprei descrivere a parole, ma che invece so benissimo disegnare", scriveva Munch.

Edvard Munch è stato definito il "pittore dell'angoscia", ma non so se l'angoscia sia più dentro alle sue opere o negli occhi di chi la osserva. Sicuramente la malattia e la morte sono state compagne fedeli di una vita difficile e ciò ha portato la sua personalità ad essere fortemente caratterizzata dalla sofferenza e dal conflitto. Era un uomo elegante in pubblico, ma percorso da una sensibilità straziante e nevrotica insolitamente poetica e non pittorica, che l’artista tentava di ammaestrare con l’alcol e l’ascesi artistico-pittorica.

La bambina malata

La litografia "La bambina malata" arriva come una morsa allo stomaco e toglie il fiato: lo sguardo assente, distratto, è ormai stanco e senza speranze. I capelli sono arruffati e scomposti sul cuscino; è molto tempo che la ragazza è a letto e non si alzerà molto presto.
Più che angosciante o straziante, quest'opera possiede l'eleganza e la pacatezza della malinconia mista a un vago sentore di rassegnazione.





Quanta bellezza e quanta profonda seduzione, invece, nella Madonna estatica e abbandonata ai suoi pensieri. Anche in quest'opera la morte ritorna nello sguardo cupo e incerto dell'embrione che osserva la Madonna-madre dal basso...

“Abbiamo sofferto la morte durante la nascita. Siamo lasciati con la più strana delle esperienze: la vera nascita, che è chiamata morte. Per cosa siamo nati?” (E. Munch)





Attrazione, 1896





"Attrazione": due sguardi e un unico pensiero, tradotto in questo fiume/strada che porta lontano, in un luogo e in un tempo imprecisato.
I volti sono abbozzati ad eccezione degli occhi raffigurati con due macchie nere, come due profondi buchi neri che inghiottono fino al profondo oscuro dell'anima dove sono nascosti segreti e pensieri.
I capelli di lei danzano mossi dal vento, guidati dallo scambio ipnotico degli sguardi verso di lui, come richiamati da un indomabile magnetismo.





Gelosia II, 1896


















In primo piano un uomo turbato, con lo sguardo perso nel vuoto. Sta nascendo in lui un pensiero conturbante che prende forma alle sue spalle: la gelosia lo porta a visualizzare un incontro. Lei, la donna amata, è nuda, seducente e ammiccante con la sua veste aperta a mostrare le sue forme. Un invito chiaro e malizioso per lui, un altro uomo.
Il timore di perdere l'amata si insinua in questa tela intitolata "Gelosia II".
Giovane donna in lacrime





"Giovane donna in lacrime":
Lascio che sia l'immagine a trasmettere il risflesso di dolcezza di questo sguardo triste e sconsolato. Il viso è abbassato e i capelli le scendono dolcemente sul corpo, delineando e accarezzando le sue forme.




"Bisogna che la carne prenda forma"





Purtroppo per me la mostra si conclude con alcune opere di Munch reinterpretate da Andy Warhol. Scrivo 'purtroppo' perché di fronte ad esse il mio struggimento legato alle emozioni per le opere di Munch si spegne rapidamente. Il pathos e la sofferenza che sento (e rifletto?) nelle opere dell'artista norvegese ricade in una tomba arida fatta di colori fluorescenti e immagini ripetute e svuotate di significato. Posso dare valore storico o provocatorio a Warhol eppure decisamente non riesco ad apprezzarlo. Influenzata dal mio astio personale per l'artista newyorkese, non riesco a fare a meno di pensare che questo confronto sia nato dalla necessità di aumentare il catalogo della mostra (vista l'effettiva difficoltà di reperire in prestito le opere di Munch)... Mah...





ORARI

Lun: 14.00-19.00
Mar-dom: 9.00-19.00


BIGLIETTI

Intero € 13,00
Ridotto € 11,00
Ridotto bambini (3/10 anni) € 5,00
Ridotto Gruppi € 10,00
(prenotazione obbligatoria min 15 max 25 persone)

Infoline e prevendita:

tel. +390109868057
biglietteria@palazzoducale.genova.it

Per informazioni più dettagliate, vi rimando direttamente al sito della mostra Edvard Munch.


lunedì 24 febbraio 2014

Lo sguardo poetico di Izis Bidermanas





"Si dice spesso che le mie fotografie non sono realiste. Non sono realiste, ma è la mia realtà"








La Provincia di Milano e la Fondazione Alinari, in collaborazione con la Ville de Paris, presentano allo Spazio Oberdan l’opera di Izis Bidermanas (1911-1980), uno dei grandi fotografi umanisti del secolo scorso: poeta dell’immagine, ritrattista e reporter. La mostra “IZIS. Il Poeta della Fotografia” propone una selezione di oltre 140 fotografie curata dal figlio Manuel Bidermanas con Armelle Canitrot e la proiezione a ciclo continuo all’interno dello spazio espositivo del film “Aperçus d’une vie (Scorci di vita)”.


Un’occasione inedita per riuscire a comprendere meglio il percorso artistico e introspettivo dell’autore che, dopo essere esiliato da ragazzo, ha cercato rifugio nel sogno. Proprio qui, in questo mondo onirico, ha preso vita la sua arte: immagini ricercate, dotate di grande poesia e intuizione. 


Nonostante l’estrema ricercatezza dei dettagli, Izis riesce a far rivivere i suoi oggetti di una spontanea intimità e semplicità. Le sue fotografie in bianco e nero fermano il tempo, cristallizandolo in attimi che trattengono il fiato.



Sono fotografie che rendono immortale la quotidianità: il suo sguardo poetico, la sua realtà, rivivono in donne che giocano su una giostra, sognatori e dormienti, pescatori, bambini, vagabondi.


  

L’opera di questo incredibile uomo non potrà che toccarvi nel profondo. Vi condurrà indietro  nel tempo, in un periodo durante il quale regnavano ricchezza e povertà e luce e ombra si alternavano, proprio come in fotografia.




Le persone avevano provato sulla propria pelle l’orrore della guerra, ma questi scatti non intendevano trasmettere tristezza o sofferenza, anzi. Izis fa tornare alla mente ciò che ci rendeva felici: le bolle di sapone, le tende rosse del circo, le canne da pesca lunghe e bianche, le passeggiate degli innamorati.


"La fotocamera di Izis è una scatola magica. Dalle sue mani fioriscono come per incanto esseri e cose che si aprono e si animano come quei fiori di carta giapponesi che, posti in un bicchier d' acqua, diventano all' istante esseri o cose di un immediato passato. Più tardi, deposte fra le pagine di un libro, sembrano dormire nei loro letti di carta. Ma il lettore apre il libro e le ridesta alla vita quando vuole, e le riconosce anche se non le ha mai viste prima" (Jacques Prévert).


INFORMAZIONI

Quando: Dal 12 febbraio al 6 aprile 2014
Dove: c/o Spazio Oberdan. Viale Vittorio Veneto 2, Milano.
Ingresso: intero 8€; ridotto 6.50€; scuole 3.50€
Per ulteriori informazioni: 02 77.40.63.02 / 02 77.40.63.02
p.merisio@provincia.milano.it
www.provincia.milano.it


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