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mercoledì 5 febbraio 2014

FREEDOM

Zenos Frudakis è uno scultore statunitense di origine greca che ha donato al pubblico, presso la sede mondiale di GSK (GlaxoSmithKline) a Philadelphia, in Pennsylvania, una scultura straordinaria.


"volevo creare una scultura che chiunque, indipendentemente dal proprio contesto, potesse guardare e percepire immediatamente l’idea di qualcuno che lotta per liberarsi. Questa scultura rappresenta la lotta per la conquista della libertà attraverso il processo creativo. (...) Tutti hanno bisogno di uscire da qualche situazione – che si tratti di una lotta interiore o di una circostanza contraddittoria – e di essere liberi "          Z.F.


Come si evince dalle sue parole ha una poetica ben chiara e limpida, che riesce a trasmettere con naturalezza nella mente dei fruitori della sua opera. Questa scultura è realizzata in bronzo, e rappresenta i quattro stadi con cui un individuo raggiunge la libertà, attraverso una tensione evolutiva che muove da sinistra verso destra:



si parte da una sorta di mummia / morte come una figura prigioniera, si evolve verso la seconda figura, che ricorda Schiavo ribelle e inizia a suscitare una lotta per sfuggire.





La figura nel terzo frame inizia a strapparsi dal muro che lo teneva prigioniero e sta uscendo, venendo verso la libertà. 








Tuttavia, l'opera non si ferma qui. A differenza delle opere di Matteo Puglisi, scultore milanese che realizza anch'egli figure cristallizzate nel tentativo di uscire dalla parete, nel quarto fotogramma di Frudakis la figura è completamente libera , vittoriosa, a braccia spalancate.




La stessa tensione ma ancor più tragicamente viva, la ritrovo nelle opere di un giovane (ma veramente talentuoso) scultore italiano, Enrico Ferrarini. Le sue sculture sono vive, in tutta la loro atrocità. Sono figure statiche ma libere contemporaneamente di muoversi e svelare le emozioni più crude.


Sono sculture che gridano e sospirano, che si agitano con i loro muscoli tesi. 
Sono sculture che ci parlano, che entrano sotto pelle e scuotono.

Un artista incredibile, capace di rimanere fedele all'antico mestiere dello scultura utilizzando materiali classici come il marmo o il gesso, per poi rinnovarsi. Le sue opere hanno un respiro nuovo, un respiro moderno che rispecchia la volontà di uscire dai ruoli predefiniti, di affrontare le proprie emozioni, anche le più atroci, e liberarsi da se stessi.




giovedì 31 maggio 2012

In fondo al mar..



Se ci si inoltra nell'Oceano Atlantico nei pressi dell'isola di Grenada, nel sud dei Caraibi, si trova una meravigliosa sorpresa.





Underwatersculpture gallery è un progetto lanciato nel 2006 dallo scultore e istruttore subacqueo guyanese Jason de Caires Taylor. L’iniziativa, in continua evoluzione, ha lo scopo di celebrare la cultura caraibica e reinventare e proteggere una zona coralligena, decimata dalle recenti tempeste tropicali: le statue, infatti, realizzate in calcestruzzo e acciaio ed assicurate al substrato oceanico, generano un reef artificiale. Le loro strutture forniscono una base per la colonizzazione di coralli, alghe e spugne, così come riparo e protezione per tanti altri organismi; inoltre, attirando l'attenzione di sub e turisti su queste scogliere artificiali, le barriere naturali possono cogliere l'occasione per ripararsi e rigenerarsi.



La particolarità di queste opere consiste nell'essere studiate, progettate e realizzate per essere posizionate in acqua tenendo conto delle dimensioni (in mare tutto appare più grande del 25%), dei colori, dei giochi di luce e delle prospettive. Anche i fondali vengono scelti con cura: poco profondi, con sabbia bianca e acque cristalline, in modo che le opere possano essere apprezzate anche da barche con fondo trasparente o da sub amatoriali.

Una delle sue opere si chiama Evoluzione silenziosa e comprende circa 400 statue. Credo che possa essere ben compresa guardando queste piccole foto, prese direttamente dalla galleria online di Underwater.

Il mare e l'assenza dell'uomo suggeriscono il silenzio, mentre le opere diventano nutrimento per una nuova  vita. 



La statua scompare, tramuta, ma la sua scomparsa non è morte, ma nuova vita: la vita dei coralli.
Personalmente ci leggo due messaggi (in cui credo profondamente): l'ambiguità della morte e della vita e la capacità della natura di rigenerarsi e di rinascere.



Altre immagini sono reperibili nella galleria fotografica del MUSA (Museo Subacuatico de Arte).
Al suo progetto si è inoltre affiancato Colleen Flanigan e i due ora stanno progettando assieme una serie di statue volta a far salire il pH dell’acqua e permettere quindi ai coralli di attrarre i minerali che gli servono a costruire i loro esoscheletri (come scrive l'Atlantic). Su Il Post ho letto, inoltre, che il progetto è finanziato tramite Kickstarter, un sito internet per raccogliere microdonazioni.
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