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lunedì 16 settembre 2013

L'uccisione di...Canova.


Sono passati ormai quaranta giorni dalla triste notizia della distruzione dell' Uccisione di Priamo di Canova a Perugia. L'affresco doveva essere staccato dal muro dell'Accademia d'Arte della città per poi essere trasferito ad una mostra ad Assisi. Al momento dello stacco però l'opera cade e si frantuma in mille pezzi (vedi foto). Per quanto sia stato promesso un restauro per il recupero dell'opera, più di uno storico ha evidenziato come il danno sia ormai irreparabile.







Tomaso Montanari spiega bene, in un feroce attacco sul Fatto quotidiano, come alla base della mostra di Assisi non vi fosse alcun progetto scientifico, per cui lo spostamento di un'opera di tal valore fu azzardato e imprudente, per di più senza valide motivazioni. Unico vero obiettivo pare fosse il ritorno economico a cui puntano per lo più la maggior parte delle mostre, sempre più improntate sul modello blockbuster che sull'amore, il rispetto e lo studio di un partimonio.






Come aggravante, il fatto risultò indenunciato e pare che lo stesso Ministero dei Beni Culturali ne sia venuto a conoscenza dal Fatto quotidiano.







Galan, ex ministro della Cultura e presidente della Fondazione Antonio Canova, rivendica il valore della mostra di Assisi e lamenta le assurde accuse di Montanari, per poi proseguire lamentando la triste perdita seppur "fortuna vuole che quell’opera del Canova non sia copia unica, ce ne sono altre dieci in Italia" (come potete leggere dall'articolo su Il mattino di Padova). Peccato che l'opera fosse un originale (e non una riporduzione, seppur sia un soggetto multiplo, come accade coi bronzi). Inoltre, il gesso era stato donato all'Accademia dagli stessi eredi del Canova.



Non voglio stare qui a ripetere in continuazione quanto questo possa intristirmi ed essere indice dell'incuranza italiana verso il nostro patrimonio culturale, del resto Galan fece realizzare un catalogo di Intimissimi dentro la gispoteca di Canova.. Il punto è che il povero disgraziato non è certo il primo a trovarsi in questa situazione; il problema non è solo italiano ma internazionale. Andate su Google, cercate "arte distrutta" e troverete più di un caso.

Quindi Signor Galan, sì ce l'abbiamo con lei per la distruzione del Canova, ma non si senta il capo espiatorio perché non è solo! Oramai ci si promuove, spedendo le opere artistiche del nostro patrimonio come fossero biglietti da visita del brand Italia, noncuranti dei rischi che tali viaggi comportano e fregandocene invece di promuovere l'arte agli occhi degli italiani stessi.

Io ringrazio di avere avuto un docente come Giovanni Agosti, insegnante imprevedibile e difficile da soddisfare, spesso brusco con gli studenti che prendevano sotto gamba l'esame e che dimostravano di non avere interesse. 
Alla prima lezione del corso di Storia dell'Arte Moderna Agosti spiegò come l'arte non fosse per tutti e pensai che ciò fosse discriminatorio, ma ora mi rendo conto che in parte è vero: l'arte non può aprirsi a chi per primo non si apre e abbandona a lei. Ci spiegò come tutte queste mostricciole temporanee spesso non fanno altro che indebolire e rovinare le opere, che un'opera d'arte perde un po di sé quando viene decontestualizzata e allontanata dal suo posto, dalla sua storia. Detto questo, non intendo certo che qualsiasi mostra temporanea sia diabolica, anzi. Molte mi hanno permesso di vedere opere che altrimenti non avrei visto, di fare confronti e capire le influenze reciproche dei pittori.
Al di là di tutto ciò, ci parlò di Pasolini, di Chatwin e di cultura a 360 gradi. Ci spinse a viaggiare, a conoscere l'Italia, la sua arte e la sua storia.  Per un anno ho studiato, frequentato i corsi e viaggiato nei tempi che riuscivo a ritagliare (e coi pochi soldi a disposizione) ma girando ho imparato a riconoscere le pennellate dei maestri, i possibili inserimenti di allievi, le parti restaurate. Ho vissuto pomeriggi dentro Brera, girato ogni piccolo paese della Toscana e del Lazio, e poi Venezia, Napoli, tutta l'Emilia Romagna, la Liguria, la Lombardia....e dopo due anni, ancora non ho visto e assaporato tutto! Ho riscoperto l'Italia, i suoi scorci e i suoi colori, cercando di capire come un luogo possa influenzare la creazione da parte di un artista.
Ho imparato a sentire e amare l'arte.
Chi lavora in questo ambito dovrebbe trasmettere questo amore, quasi sacro, mentre oggi anche l'arte è stata soggiogata dal mercato...e questi sono i risultati.

mercoledì 27 giugno 2012

Nella stretta di un abbraccio


Quante emozioni possono celarsi dietro un abbraccio..
L'abbraccio è la dimostrazione d'affetto più pura che si possa donare: è un ciclo energetico che fluisce da chi lo dona a chi lo riceve e, a differenza dei baci, non può essere rubato. Un abbraccio può celare tante parole, tante emozioni, ed è diverso per intensità e sincerità.



C'è l'abbraccio come sostegno, una forza che raddoppia, passando di mano in mano, da braccio a braccio, da corpo a corpo. Il tempo perde senso e la solitudine si fa vicinanza. Il corpo si alleggerisce e si placa nel calore del contatto.








L'abbraccio come abbandono, in cui si cede completamente all'altro, come in questa stretta fra Eros e Psiche. La testa reclinata, pesante di lei, completamente lasciata andare tra le mani di Eros..






C'è il vellutato abbraccio materno, la dolcezza con cui la madre culla il bambino. Un abbraccio che è al contempo carezza e calore, nella semplice serenità di un rapporto imprescindibile. Nell'abbraccio il bambino riconosce il battito cardiaco della madre e il suo profumo, in cui addormentarsi spensieratamente.


Ma anche l'abbraccio materno violento, spaventato, di una madre che cerca di salvare il proprio figlio con tutte le sue forze.


C'è l'abbraccio intenso che porta all'abisso, come in questa scultura di Pietro Canonica. Le mani di lei serrate sulla schiena di lui trasmettono tutta la forza di un sentimento incontenibile.
Un abbraccio travolgente, quello della passione. I lunghi capelli di lei accarezzano la schiena dell'amato, come a proseguire quella presa stretta e al contempo dolce, rendendo questa unione ancora più avvolgente. La circolarità del gesto dell'abbraccio è inoltre enfatizzata dalle pieghe delle vesti, in un vortice travolgente che carica ancora di più la composizione.






Eppure in Canonica, gli amanti non si guardano negli occhi, ma sono guancia a guancia, ancora presenti e protesi verso il mondo.

C'è invece l'abbraccio fatale, quello che porta all'oblio. L'abbraccio in cui due anime si perdono, come in quest'opera di Renata Domagalska, dove il mondo è escluso alla percezione delle emozioni provate dai due. Un abbraccio che brucia la pelle, che inghiotte, consuma, ma di cui non puoi fare a meno.




C'è l'abbraccio di due anime: quando anche la pelle cade e le anime possono innalzarsi, fuse in un unico pensiero, in un unico battito, in un unico respiro.







Infine, c'è l'abbraccio della morte: un istante silenzioso ma decisivo..






[...]
E sognerai
che non occorre affatto respirare,
che il silenzio senza respiro
è una musica passabile,
sei piccolo come una scintilla
e ti spegni al ritmo di quella.


Una morte solo così. Hai sentito
più dolore tenendo in mano una rosa
e provato maggior sgomento
per un petalo sul pavimento.


Un mondo solo così. Solo così
vivere. E morire solo quel tanto.
E tutto il resto eccolo qui - 
è come Bach suonato sul bicchiere
per un istante.


W.Szymborska
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