lunedì 24 febbraio 2014

Lo sguardo poetico di Izis Bidermanas





"Si dice spesso che le mie fotografie non sono realiste. Non sono realiste, ma è la mia realtà"








La Provincia di Milano e la Fondazione Alinari, in collaborazione con la Ville de Paris, presentano allo Spazio Oberdan l’opera di Izis Bidermanas (1911-1980), uno dei grandi fotografi umanisti del secolo scorso: poeta dell’immagine, ritrattista e reporter. La mostra “IZIS. Il Poeta della Fotografia” propone una selezione di oltre 140 fotografie curata dal figlio Manuel Bidermanas con Armelle Canitrot e la proiezione a ciclo continuo all’interno dello spazio espositivo del film “Aperçus d’une vie (Scorci di vita)”.


Un’occasione inedita per riuscire a comprendere meglio il percorso artistico e introspettivo dell’autore che, dopo essere esiliato da ragazzo, ha cercato rifugio nel sogno. Proprio qui, in questo mondo onirico, ha preso vita la sua arte: immagini ricercate, dotate di grande poesia e intuizione. 


Nonostante l’estrema ricercatezza dei dettagli, Izis riesce a far rivivere i suoi oggetti di una spontanea intimità e semplicità. Le sue fotografie in bianco e nero fermano il tempo, cristallizandolo in attimi che trattengono il fiato.



Sono fotografie che rendono immortale la quotidianità: il suo sguardo poetico, la sua realtà, rivivono in donne che giocano su una giostra, sognatori e dormienti, pescatori, bambini, vagabondi.


  

L’opera di questo incredibile uomo non potrà che toccarvi nel profondo. Vi condurrà indietro  nel tempo, in un periodo durante il quale regnavano ricchezza e povertà e luce e ombra si alternavano, proprio come in fotografia.




Le persone avevano provato sulla propria pelle l’orrore della guerra, ma questi scatti non intendevano trasmettere tristezza o sofferenza, anzi. Izis fa tornare alla mente ciò che ci rendeva felici: le bolle di sapone, le tende rosse del circo, le canne da pesca lunghe e bianche, le passeggiate degli innamorati.


"La fotocamera di Izis è una scatola magica. Dalle sue mani fioriscono come per incanto esseri e cose che si aprono e si animano come quei fiori di carta giapponesi che, posti in un bicchier d' acqua, diventano all' istante esseri o cose di un immediato passato. Più tardi, deposte fra le pagine di un libro, sembrano dormire nei loro letti di carta. Ma il lettore apre il libro e le ridesta alla vita quando vuole, e le riconosce anche se non le ha mai viste prima" (Jacques Prévert).


INFORMAZIONI

Quando: Dal 12 febbraio al 6 aprile 2014
Dove: c/o Spazio Oberdan. Viale Vittorio Veneto 2, Milano.
Ingresso: intero 8€; ridotto 6.50€; scuole 3.50€
Per ulteriori informazioni: 02 77.40.63.02 / 02 77.40.63.02
p.merisio@provincia.milano.it
www.provincia.milano.it


mercoledì 5 febbraio 2014

FREEDOM

Zenos Frudakis è uno scultore statunitense di origine greca che ha donato al pubblico, presso la sede mondiale di GSK (GlaxoSmithKline) a Philadelphia, in Pennsylvania, una scultura straordinaria.


"volevo creare una scultura che chiunque, indipendentemente dal proprio contesto, potesse guardare e percepire immediatamente l’idea di qualcuno che lotta per liberarsi. Questa scultura rappresenta la lotta per la conquista della libertà attraverso il processo creativo. (...) Tutti hanno bisogno di uscire da qualche situazione – che si tratti di una lotta interiore o di una circostanza contraddittoria – e di essere liberi "          Z.F.


Come si evince dalle sue parole ha una poetica ben chiara e limpida, che riesce a trasmettere con naturalezza nella mente dei fruitori della sua opera. Questa scultura è realizzata in bronzo, e rappresenta i quattro stadi con cui un individuo raggiunge la libertà, attraverso una tensione evolutiva che muove da sinistra verso destra:



si parte da una sorta di mummia / morte come una figura prigioniera, si evolve verso la seconda figura, che ricorda Schiavo ribelle e inizia a suscitare una lotta per sfuggire.





La figura nel terzo frame inizia a strapparsi dal muro che lo teneva prigioniero e sta uscendo, venendo verso la libertà. 








Tuttavia, l'opera non si ferma qui. A differenza delle opere di Matteo Puglisi, scultore milanese che realizza anch'egli figure cristallizzate nel tentativo di uscire dalla parete, nel quarto fotogramma di Frudakis la figura è completamente libera , vittoriosa, a braccia spalancate.




La stessa tensione ma ancor più tragicamente viva, la ritrovo nelle opere di un giovane (ma veramente talentuoso) scultore italiano, Enrico Ferrarini. Le sue sculture sono vive, in tutta la loro atrocità. Sono figure statiche ma libere contemporaneamente di muoversi e svelare le emozioni più crude.


Sono sculture che gridano e sospirano, che si agitano con i loro muscoli tesi. 
Sono sculture che ci parlano, che entrano sotto pelle e scuotono.

Un artista incredibile, capace di rimanere fedele all'antico mestiere dello scultura utilizzando materiali classici come il marmo o il gesso, per poi rinnovarsi. Le sue opere hanno un respiro nuovo, un respiro moderno che rispecchia la volontà di uscire dai ruoli predefiniti, di affrontare le proprie emozioni, anche le più atroci, e liberarsi da se stessi.




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