giovedì 25 aprile 2013

Musée d'art ancienne à Bruxelles.

La prima visita al Musée royaux des Beaux-Arts de Belgique la dedico alla sezione di arte antica, ovvero dal XV al XVIII secolo.

Nella sala d'ingresso, vengo subito colpita da un Ribera.

Ribera, Apollo vilt Marsyas, 1637.

Il viso di Apollo è imperturbabile mentre scortica con indifferenza Marsia. Avvolto dal suo manto sollevato dal vento, è rappresentato in tutta la sua eleganza, simbolo di una volontà superiore. In compenso, il volto e la mano aperta e tesa di Marsia sono reali ed estremamente umani. In viso sembra quasi tridimensionale; si possono sentire le sue grida di dolore uscire dal quadro. Ha il viso arrossato e questi occhi neri, profondi, che ti scrutano dentro e sembrano implorare ancora aiuto. 
Solo sullo sfondo Ribera cela un piccolo slancio di compassione: a figura tiene il viso tra le mani, le sopracciglia che scendono verso il basso e lo sguardo cupo. Eppure non saprei dire se il dolore di cui è intrisa sia per compassione o più semplicemente per timore e senso di colpa: magari le mani cercano solo di coprire le grida di aiuto?

Rogier van Der Weyden, Pietà


Quale alba meravigliosa incombe su questo addio!
Il corpo di Cristo, esangue e scheletrico, giace a terra fra le braccia di una madre stanca. Lei lo guarda per un'ultima volta e gli sostiene dolcemente la testa; il gesto è di una grazia perturbante al confronto col corpo esausto e scomposto del figlio.
E questa luce sullo sfondo..che toglie il fiato.

Il museo prosegue con capolavori conosciuti, come Le tentazioni di Sant'Antonio  di Hieronymus Bosch, ma preferisco soffermarmi su un altro dipinto: il pannello centrale del Trittico Haneton di Bernaert Van Orley.



Bernaert Van Orley, mise au tombeau.

Mentre le figure sullo sfondo mantengono ancora una certa rigidità nelle posture e nella disposizione, il gruppo in primo piano conquista una nuova morbidezza. Il corpo di Cristo non è più un corpo scheletrico e contorto..
Attraverso questo corpo, completamente abbandonato dalla vita, la morte diviene tremendamente umana.
Le lacrime della Vergine e delle due donne che si protendono su di lui, sembrano pure e sincere, nella loro trasparenza. Non è un dolore drammatico o tragico: nella loro pacata tristezza, c'è comprensione e adesione a un destino più alto da compiere. Emerge tanta umanità in questo addio pervaso da una tristezza umile e consapevole di essere di fronte ad un addio preannunciato.

Infine vorrei parlare di una splendida scultura di Methieu Kessels, Scène du déluge.
Methieu Kessels, Scène du déluge


Lei, che si aggrappa con le ultime energie al piede dell'uomo e tiene ancora stretta a sé il figlio. Ormai quasi a peso morto, il corpo è segnato dalle vesti bagnate a cui il figlio si aggrappa nel tentativo di sollevarla. I capelli le cadono morbidi sul braccio e la bocca è dischiusa, come fosse priva di sensi. L'uomo, in tutta la sua tonicità, la sostiene tirandola anch'egli per il vestino e prendendola con una mano sotto un braccio.
Un attimo è qui rapito e conservato: l'attimo in cui lei cede e i riflessi pronti di lui lo spingono ad agire senza pensare.
Sul retro, un serpente..

Scène du déluge.



















Da non dimenticare (e da non perdere!), il capolavoro di Jacques Louis David, Marat assassiné.

Jacques-Louis David, Marat assassiné.

mercoledì 3 aprile 2013

Musée Wiertz, che sorpresa..


Museum Wiertz


Passo attraverso un cancello e si apre davanti a me un piccolo passaggio fino alla porta bianca. Il museo non è molto grande: giusto un corridoio e una grande sala, ma bellissimo e sopratutto gratis (quindi tanto vale provare, no?).

A. Wiertz, la lutte humerique

Il primo impatto è sconvolgente: ne "La lutte humerique" ritrovo la forza del periodo nero di Goya mentre la potenza dei muscoli tesi del cavallo mi ricorda gli schizzi di Leonardo  per la Battaglia di Anghiari.
Leonardo, Battaglia di Anghiari

Goya, Saturno divora i suoi figli














A. Wiertz, Une grand de la terre


Alle mie spalle "Un grand de la terre", in tutta la sua imponenza e maestosità.
Ai piedi del gigante, un avvilupparsi crudele di corpi ammassati. Tra di essi, gli ultimi segni di resistenza: una mano che si aggrappa con tutte le energie al piede del gigante. Dietro il piede c'è un uomo dal volto terrorizzato che cerca di fuggire, ma la mano imperiosa  già scende lentamente su di lui, alle sue spalle.

Quanta ferocia in questa postura contorta, nei muscoli tesi della gamba e nel ghigno brutale della bocca, con cui trattiene un uomo per la gamba sanguinante.
La luce bianca che si diffonde dal fondo rende ancora più tragico l'intreccio disordinato e caotico degli avvenimenti, al confronto con la sua purezza.
Un solo eroe è presente, a lato, con il suo mantello rosso e pronto a sfoderare la spada. Non ha paura, lo sguardo è fermo..è pronto a battersi.




A. Wiertz, Triptychon


Nel trittico con la pietà centrale, Wiertz dimostra di avere compreso e metabolizzato anche la grazia di Raffaello e alcune sfumature del Manierismo. 
La Madonna con la mano sinistra sfiora il braccio ormai freddo del figlio, mentre avvicina il suo volto a quello del Cristo. Quanta dolcezza nel suo volto materno e in quel gesto! Nulla attorno le interessa o la distrae.. è il momento del suo ultimo saluto al figlio.




Se nelle tele di piccolo formato dimostra la sua bravura nel rendere la grazia e la dolcezza, è nelle sue tragiche e imponenti tele che riesce davvero a stupire. La sua è una potenza romantica, degna della IX sinfonia di Beethoven.

A. Wiertz, Le triomphe du Christ

In questo trionfo riconosco ancora una volta la lezione italiana: il dito proteso dell'arcangelo, riecheggia chiaramente il dito di Dio nella Creazione di Adamo di Michelangelo. All'estrema sinistra, la figura a testa in giù mi ricorda invece la pelle in cui Michelangelo celò il suo autoritratto nel Giudizio universale (il che è plausibile, visto che ha vissuto a Roma per qualche anno).
La mela che precipita verso il basso (sulla sinistra) richiama al peccato originale e cade velocemente come le anime dei peccatori sono cadute nel peccato. Al centro, in alto: Cristo. Luminoso, si erige crocifisso in memoria del suo sacrificio.

A. Wiertz, L'enfant brulé


In questa tela il corpicino paffuto del bambino, ancora dolcissimo seppur già cianotico, è completamente abbandonato alla presa della madre. Lei cerca di intervenire il prima possibile, la presa è rapida e il volto è deformato dal terrore. Anche qui, non posso fare a meno di ripensare a un grande pittore italiano: Caravaggio. Il volto della madre ha la stessa espressione della Testa di Medusa.




Il museo è aperto dal martedì al venerdì, dalle 10h alle 12h e dalle 13h alle 17h.
Ingresso gratuito. 
Per maggiori informazioni vi rimando al link del Musée Wiertz.

 

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001