giovedì 12 dicembre 2013

L'insostenibile leggerezza e Calvino.



Dall'atomismo di Lucrezio alla scienza, da Cavalcanti a Dante, da Servantes a Shakespeare: Albertazzi e la lezione americana di Calvino sulla leggerezza non ci fanno mancare nulla.
Sul palco uno studiolo con Calvino/Albertazzi e la sua segretaria/studente che lo aiuta a districare il discorso. Un ruolo non superficiale quello di Stefania Masal: con le sue domande, le sue battute a intercalare e la  capacità della ragazza a riprendere il filo del discorso, aiutano il pubblico a vivere la lezione come un vivace colloquio, con quella leggerezza profonda e mai frivola. 
"Il faut être léger comme l'oiseau, et non comme la plume", Paul Valery. 
La frivolezza, ovvero la piuma, è leggera ma è portata a scendere a terra; l'uccello invece riesce a rimanere alto in volo!
Un terzo personaggio silenzioso è sul palco: la violoncellista Ana, a commentare musicalmente il dialogo. Un ruolo fondamentale hanno le luci, il gioco delle proiezioni tra palco e riprese fatte dall'assistente/studentessa e le frasi proiettate. Il tutto sostiene uno spettacolo leggero, nel senso di scorrevole ma mai banale.
Per Albertazzi quella «leggerezza» diventa espressione di un modus vivendi, «leggerezza» contrapposta al «peso», inteso come peso dell'essere e dell'esistere. Ecco che le due donne-specchio del pubblico escono di scena: rimane Albertazzi/Calvino e la potenza delle parole dell'Amleto di Shakespear. 
Essere o non essere? Leggero o pesante? Uccello o piuma?
La verità è che non esiste essere senza non essere, né leggerezza senza pesantezza, né vita senza morte. 
Nel racconto "L'immortale" di Borges il protagonista reso immortale, è schiacciato dall'angoscia: nulla ha più valore poiché tutto è ripetibile. La vita è continuo movimento e cambiamento e non c'è risposta che plachi la fame di ricerca dell'uomo. Un desiderio soddisfatto non è altro che la radice da cui sboccia un nuovo desiderio..
Cos'è quindi la leggerezza?
Prendere il proprio secchio, come l'uomo nel racconto di Kafka, e sollevarsi sia su colui che ci aiuta che sulla moglie che ci scaccia. Innalzarsi. Svuotare il secchio dalle paure e dalla rabbia accumulati, e riempirlo di leggerezza.

Una massima sufi racconta di un uomo che fugge da un leone. Lui scappa, corre con tutte le sue forze, salta nei cespuglie e corre, corre..finché non cade in un dirupo..ma riesce ad aggrapparsi a un ramo di un albero. Se si arrampica, sopra di lui lo aspetta il leone; se si lascia cadere finisce nelle fauci di un secondo leone famelico in arrivo... Cosa fare?  La risposta dei maestri è: " Raccogli una mela e te la gusti con piacere".
da Jodorowsky, Cabaret Mistico.

La leggerezza si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso".


11 DICEMBRE 2013

LEZIONI AMERICANE

di Italo Calvino




Regia Orlando Forioso
Con Giorgio Albertazzi

Teatro Astra Bellaria-Igea Marina.

martedì 10 dicembre 2013

ERON / BLENDING

15 NOV 2013 / 12 GENNAIO 2014


Da un artista che nasce in strada ci si aspetta rabbia e trasgressione, invece Davide Salvadei, in arte Eron, è conosciuto per la sua riservatezza. Potrebbe sembrare uno stupido pregiudizio ma, di fatto, chi non ci ha pensato? Tuttavia, incontrandolo l'impressione che lascia è di una persona dolce, dalla voce pacata; schivo sì con i giornalisti, ma non maliziosamente per creare mistero e attesa attorno al suo nome, più per desiderio che le sue opere parlino per lui senza troppa retorica.
Imporre la propria voce in strada implica avere qualcosa da dire e volersi fare sentire, esporre in una mostra implica anch'esso la volontà esibire le proprie opere e, di conseguenza, una parte di sé.
Eppure non c'è contrasto fra questa verità e il suo desiderio di restare in penombra: questo dualismo fra una voce che si manifesta in strada e la sua figura sfuggente convive anche nella sua produzione artistica.



Da una parte gli attacchi urbani: chi tra i riminesi, come me, non ricorda le scritte
 K-RIMINI sparse per la città? E l'ironia sottile dei suoi murales che prendevano forma nelle notti silenziosamente, come quello in cui ritrae un imbianchino che copre una sua scritta?






Eron comincia a 15 anni con le sue prime scritte sui muri: erano gli anni in cui si fantasticava sulla vita dei writer newyorkesy solo grazie a rari documentari in cassetta (ovviamente in lingua originale); internet e la sua enorme capacità di diffondere conoscenza era ancora un mondo lontano. Non c'erano bombolette spry studiate appositamente, ma qualcuno scoprì che come tappino si poteva benissimo usare un banale tappino del deodorante...




Dall'altra parte, parallelamente, abbiamo le sue tele intrise di magia e malinconia. Due percorsi paralleli tradotti con un unico linguaggio: lo spray painting. Ma il suo talento non si ferma qui: grazie a lui la street art entra per la prima volta nella storia, nel tempio dove l’Arte supera le barriere temporali: la chiesa. L’affresco che misura quasi 50 metri quadrati, voluto dall’ingegnere Giuseppe Ferri e da Don Danilo Manduchi, oltre che a completare l’opera di ristrutturazione della chiesa di San Martino in Riparotta a Rimini, “consacra” la Street art a livello mondiale. Il risultato finale inganna l’occhio per l’eccezionale modo di riprodurre dettagli con il solo ausilio di bombolette spray e la perfetta padronanza della luce.





Ma veniamo alla mostra e al suo titolo: Blending dall'inglese to blend, ovvero fondere assieme, comprende una serie di tele con elementi figurativi strettamente legati al realismo, i quali si mischiano ed interagiscono con il segno “ingenuo”, tipico del tratto infantile. Viene da chiedersi cosa sia naturale e cosa artificiale: le opere di Eron ci portano a riflettere tra il sottile confine tra realtà e illusione.

Ad esempio, nell'opera scelta proprio come simbolo della mostra, una bambina resa con perizia fotografica osserva un gabbiano stilizzato. Disegno infantile e realismo interagiscono attraverso questo sguardo; tuttavia non dobbiamo dimenticare che anche la bambina, seppur ci pare più reale del gabbiano, è anch'essa un disegno.

La mostra Blending, curata da Andrea Bruciati, è composta da 20 opere realizzate con varie tecniche (dal graffito, allla pittura su tela fino all'installazione) ed è promossa dall’associazione culturale Il Garage con il sostegno della Fondazione San Marino Cassa di Risparmio – S.U.M.S. e delle Segreterie di Stato per la Cultura, per il Turismo e per il Territorio


Per tutta l'esposizione, l'artista confonde lo spettatore avvolgendolo nelle sue atmosfere nebbiose e visionarie e rapendolo con la sua capacità a dir poco fotografica di riprodurre luoghi e immagini del suo territorio. 
Protagonista è il mare, come luogo fisico e come immaginario attraverso il quale il pensiero acquista consistenza e si astrae in nuove sensazioni, da riscoprire e reinterpretare. Come in questa tela, la cui foto non rende la magia dello scintillio di un'alba sonnacchiosa sull'Adriatico.


Non resta che entrare e farsi trascinare nelle sue visioni oniriche..




Orari di apertura al pubblico
dal lunedì al giovedì, dalle 10 alle 19
dal venerdì alla domenica, dalle 10 alle 20

Ingressi
Biglietto intero € 5,00
Biglietto ridotto € 3,00 (ragazzi fino ai 13 e oltre i 65 anni)
Gratuito bambini fino ai 5 anni e portatori di handicap
Biglietto Mostra ERON BLENDING + IL MONDO DI LEONARDO € 13,00







Contatti
TELEFONO: 0549 992515
PALAZZO SUMS, Via G. B. Belluzzi, 1 – 47900 San Marino – Repubblica di San Marino

Per maggiori info http://eronblending.com


lunedì 16 settembre 2013

L'uccisione di...Canova.


Sono passati ormai quaranta giorni dalla triste notizia della distruzione dell' Uccisione di Priamo di Canova a Perugia. L'affresco doveva essere staccato dal muro dell'Accademia d'Arte della città per poi essere trasferito ad una mostra ad Assisi. Al momento dello stacco però l'opera cade e si frantuma in mille pezzi (vedi foto). Per quanto sia stato promesso un restauro per il recupero dell'opera, più di uno storico ha evidenziato come il danno sia ormai irreparabile.







Tomaso Montanari spiega bene, in un feroce attacco sul Fatto quotidiano, come alla base della mostra di Assisi non vi fosse alcun progetto scientifico, per cui lo spostamento di un'opera di tal valore fu azzardato e imprudente, per di più senza valide motivazioni. Unico vero obiettivo pare fosse il ritorno economico a cui puntano per lo più la maggior parte delle mostre, sempre più improntate sul modello blockbuster che sull'amore, il rispetto e lo studio di un partimonio.






Come aggravante, il fatto risultò indenunciato e pare che lo stesso Ministero dei Beni Culturali ne sia venuto a conoscenza dal Fatto quotidiano.







Galan, ex ministro della Cultura e presidente della Fondazione Antonio Canova, rivendica il valore della mostra di Assisi e lamenta le assurde accuse di Montanari, per poi proseguire lamentando la triste perdita seppur "fortuna vuole che quell’opera del Canova non sia copia unica, ce ne sono altre dieci in Italia" (come potete leggere dall'articolo su Il mattino di Padova). Peccato che l'opera fosse un originale (e non una riporduzione, seppur sia un soggetto multiplo, come accade coi bronzi). Inoltre, il gesso era stato donato all'Accademia dagli stessi eredi del Canova.



Non voglio stare qui a ripetere in continuazione quanto questo possa intristirmi ed essere indice dell'incuranza italiana verso il nostro patrimonio culturale, del resto Galan fece realizzare un catalogo di Intimissimi dentro la gispoteca di Canova.. Il punto è che il povero disgraziato non è certo il primo a trovarsi in questa situazione; il problema non è solo italiano ma internazionale. Andate su Google, cercate "arte distrutta" e troverete più di un caso.

Quindi Signor Galan, sì ce l'abbiamo con lei per la distruzione del Canova, ma non si senta il capo espiatorio perché non è solo! Oramai ci si promuove, spedendo le opere artistiche del nostro patrimonio come fossero biglietti da visita del brand Italia, noncuranti dei rischi che tali viaggi comportano e fregandocene invece di promuovere l'arte agli occhi degli italiani stessi.

Io ringrazio di avere avuto un docente come Giovanni Agosti, insegnante imprevedibile e difficile da soddisfare, spesso brusco con gli studenti che prendevano sotto gamba l'esame e che dimostravano di non avere interesse. 
Alla prima lezione del corso di Storia dell'Arte Moderna Agosti spiegò come l'arte non fosse per tutti e pensai che ciò fosse discriminatorio, ma ora mi rendo conto che in parte è vero: l'arte non può aprirsi a chi per primo non si apre e abbandona a lei. Ci spiegò come tutte queste mostricciole temporanee spesso non fanno altro che indebolire e rovinare le opere, che un'opera d'arte perde un po di sé quando viene decontestualizzata e allontanata dal suo posto, dalla sua storia. Detto questo, non intendo certo che qualsiasi mostra temporanea sia diabolica, anzi. Molte mi hanno permesso di vedere opere che altrimenti non avrei visto, di fare confronti e capire le influenze reciproche dei pittori.
Al di là di tutto ciò, ci parlò di Pasolini, di Chatwin e di cultura a 360 gradi. Ci spinse a viaggiare, a conoscere l'Italia, la sua arte e la sua storia.  Per un anno ho studiato, frequentato i corsi e viaggiato nei tempi che riuscivo a ritagliare (e coi pochi soldi a disposizione) ma girando ho imparato a riconoscere le pennellate dei maestri, i possibili inserimenti di allievi, le parti restaurate. Ho vissuto pomeriggi dentro Brera, girato ogni piccolo paese della Toscana e del Lazio, e poi Venezia, Napoli, tutta l'Emilia Romagna, la Liguria, la Lombardia....e dopo due anni, ancora non ho visto e assaporato tutto! Ho riscoperto l'Italia, i suoi scorci e i suoi colori, cercando di capire come un luogo possa influenzare la creazione da parte di un artista.
Ho imparato a sentire e amare l'arte.
Chi lavora in questo ambito dovrebbe trasmettere questo amore, quasi sacro, mentre oggi anche l'arte è stata soggiogata dal mercato...e questi sono i risultati.

lunedì 9 settembre 2013

Ceci n'est pas un rêve


Lavorare in galleria a volte può essere interessante. Puoi incontrare critici come Fattino Tedeschi e conversare con loro, confrontarsi sulle politiche culturali della provincia e dell'Italia stessa, incontrare amanti dell'arte e collezionisti. Altre volte è meno entusiasmante e ti vedi riflesso come in un film, in cui tu e la galleria restate fermi, immobili ed eterni mentre scie di persone passano rapidamente senza lasciare il segno. Il tempo corre e lo vedi dall'ombra che pian piano inghiotte la villa al calar del sole. Una forte malinconia ti avvolge e capisci... che non c'è arte senza condivisione. La solitudine schiarisce il pensiero, ma non c'è vita senza persone, paesaggi o momenti che, nel loro sfiorarti, lascino un'impronta nelle tue giornate.

...Ceci n’est pas un rêve...


Magritte, L'arte della conversazione I.



...in un paesaggio da principio del mondo o da gigantomachia, due minuscoli personaggi stanno conversando: discorso non udibile, mormorio che è subito catturato nel silenzio delle pietre...quei blocchi, messi gli uni sugli altri alla rinfusa, formano con la loro base un gruppo di lettere dove è facile decifrare la parola REVE...come se tutte quelle parole fragili e senza peso avessero ricevuto il potere di organizzare il caos delle pietre...'L'arte della conversazione' è la gravitazione autonoma delle cose che formano le loro parole nell'indifferenza degli uomini, e la impongono a essi senza che neppure lo sappiano, nella loro chiacchiera quotidiana.
M. Foucault 

martedì 3 settembre 2013

CHAGALL, IL SOGNO E IL SEGNO: dalla Bibbia a Vervè.



A Palazzo Pergami (San Marino) è aperta la mostra CHAGALL, IL SOGNO E IL SEGNO- dalla Bibbia a Vervè. L'esposizione è composta da una ricca serie di opere, principalmente acqueforti e litografie, incentrate sulle illustrazioni per la Bibbia. 

M. Chagall, Aronne e il candelabro.
Fu Ambroise Vollard, celebre editore parigino, a commissionare a Chagall la serie di illustrazioni nel 1930, finanziandogli persino un viaggio in Palestina. Chagall credeva fermamente che non avrebbe potuto cominciare il lavoro senza prima toccare e 'sentire' la terra santa. In seguito, l'artista defininì le impressioni di questo viaggio come «le più forti della propria vita», fonti di ispirazione durante la realizzazione delle opere presentate in questa mostra.

I versi della Bibbia, che accompagnano le illustrazioni di Chagall, sono degli estratti dal libro sacro e riprendono la traduzione dei testi ebraici compiuta dai pastori e professori della Chiesa di Ginevra nel 1638.
L'uso essenziale dell'acquaforte serve a rendere il forte contrasto, volutamente cercato, tra il nero del peccato e il bianco della luce e del divino, una scelta contrastante in confronto alla produzione pittorica dell'artista, conosciuto per lo più per le sue tele dai vivaci colori. La selezione degli episodi risponde alla volontà dell’autore di aderire quanto più possibile alla sacralità del testo, individuando immagini e motivi fortemente caratterizzanti.

Chagall, Abramo. Pianto per Sarah.
Per inquadrare la natura di queste raffigurazioni bisogna  ricordare la cultura «hassidica» della sua formazione giovanile nell’ambiente familiare del ghetto di Vitebsk. Una cultura ed una formazione certamente distante dalla lettura colta e dalla interpretazione rabbinica della Legge e degli episodi della Bibbia.
Marc Chagall manifesta infatti, nelle sue immagini, accenti di pietà popolare, come in una delle illustrazioni più commoventi, nella quale riprende il gesto di Abramo mentre, a viso coperto, piange per Sara. I personaggi biblici sembrano emergere dalla sua memoria, come figure viste nel villaggio natale.
Nella sua immaginazione la Bibbia è certamente una grande storia, un grande racconto pieno di episodi stupefacenti che egli ha conosciuto fin dall’infanzia, di grandi figure mitiche, di eventi sovrannaturali, di intrecci divini e terreni, di visioni mirabolanti. Ciò che rende così interessanti le sue litografie è proprio il tentativo dell'artista di avvicinarsi ai misteri dell'universo e dell'uomo, radicati nella memoria collettiva del popolo ebraico (a cui appartiene).

Chagall, Il mantello di Noè.

Un'altra scena interessante è quella che ritrae Noè ubriaco, mentre  cercano di ricoprire le sue nudità con un mantello. La scena si ispira direttamente al racconto della Genesi: dopo il Diluvio, Noè piantò una vigna, produsse il vino novello, e si ubriacò. Allora Cam “scoprì la nudità di suo padre” – espressione che in ebraico antico significa anche “abusò sessualmente di lui”. Noè viene qui rappresentato nudo, ubriaco fradicio, con un fisico giovanile, lunghi riccioli e lunga barba scura, adagiato nei pressi di una pianta di vite. 
Dal punto di vista iconografico, il un giovane barbuto disteso nudo a terra mentre qualcuno lo copre pietosamente e la collina sullo sfondo, ricordano la scena di Cristo deposto dalla croce e avvolto in un telo. 
Noè viene metaforicamente rappresentato come il nuovo Adamo, il capostipite di un’umanità che ricomincia, dell’umanità definitiva (Genesi IX,11). Nella sua figura proteiforme si riassumono già tutte le aspirazioni e i drammi, gli ideali e le incoerenze della Storia e dell'uomo.

Chagall, Il sacrificio di Abramo.

Ancora profondamente umana è la scena che ritrae Abramo nell'atto di sacrificare Isacco. Colpisce anzitutto la bianca nudità del giovane Isacco esposta allo sguardo in maniera inquietante, in contrasto con l'ombrosa figura del padre, colta nella sua desolazione e intrisa di timore reverenziale. L'opera è infatti chiamata acutamente dall'artista "Il sacrificio di Adamo" e non di Isacco, proprio a mettere l'accento sulla scelta dolorosa e cupa presa da Adamo per dimostrare la propria fede. Il protagonista è quindi Adamo, in tutti i suoi tormenti e nelle sue angosce.  Il montone che verrà sacrificato al posto di Isacco è appena visibile sull’estremità sinistra del disegno, verso metà altezza; e si trova in piedi accanto a un grande albero. Chagall sembra chiaramente riprendere il midrash secondo cui il montone del sacrificio venne prelevato dall’angelo mentre brucava nei pressi dell’Albero della Vita in Eden. Così, l’alleanza con Abramo si innesta nella storia universale dell’umanità, anzi nella genesi del cosmo.


Chagall, Sansone e il leone.




Concludo, infine, con la raffigurazione di Sansone e il leone. A un primo sguardo, può apparire infantile e approssimativa (basta guardare le fattezze del leone) ma, ancora una volta, è nei dettagli che l'opera rivela il suo spessore. Il leone ha infatti lo stesso volto del giovane Sansone: la lotta non è quindi una semplice lotta corpo a corpo, ma una lotta contro sé stessi e i propri limiti. Inoltre, Chagall cancella al ragazzo nudo gli organi genitali che inizialmente aveva disegnato, quasi a sottolineare il superamento di ogni istinto “bestiale”. La raffigurazione richiama quindi la vittoria su sé stessi.




9 luglio – 8 settembre 2013

Ingresso: Intero Euro 10,00, ridotto Euro 5,00. Gratuito da 0/14 anni e over 60.

Museo di Stato, Palazzo Pergami
Centro storico, San Marino

Info:  tel 0549 882670
info.museidistato@pa.sm

giovedì 25 aprile 2013

Musée d'art ancienne à Bruxelles.

La prima visita al Musée royaux des Beaux-Arts de Belgique la dedico alla sezione di arte antica, ovvero dal XV al XVIII secolo.

Nella sala d'ingresso, vengo subito colpita da un Ribera.

Ribera, Apollo vilt Marsyas, 1637.

Il viso di Apollo è imperturbabile mentre scortica con indifferenza Marsia. Avvolto dal suo manto sollevato dal vento, è rappresentato in tutta la sua eleganza, simbolo di una volontà superiore. In compenso, il volto e la mano aperta e tesa di Marsia sono reali ed estremamente umani. In viso sembra quasi tridimensionale; si possono sentire le sue grida di dolore uscire dal quadro. Ha il viso arrossato e questi occhi neri, profondi, che ti scrutano dentro e sembrano implorare ancora aiuto. 
Solo sullo sfondo Ribera cela un piccolo slancio di compassione: a figura tiene il viso tra le mani, le sopracciglia che scendono verso il basso e lo sguardo cupo. Eppure non saprei dire se il dolore di cui è intrisa sia per compassione o più semplicemente per timore e senso di colpa: magari le mani cercano solo di coprire le grida di aiuto?

Rogier van Der Weyden, Pietà


Quale alba meravigliosa incombe su questo addio!
Il corpo di Cristo, esangue e scheletrico, giace a terra fra le braccia di una madre stanca. Lei lo guarda per un'ultima volta e gli sostiene dolcemente la testa; il gesto è di una grazia perturbante al confronto col corpo esausto e scomposto del figlio.
E questa luce sullo sfondo..che toglie il fiato.

Il museo prosegue con capolavori conosciuti, come Le tentazioni di Sant'Antonio  di Hieronymus Bosch, ma preferisco soffermarmi su un altro dipinto: il pannello centrale del Trittico Haneton di Bernaert Van Orley.



Bernaert Van Orley, mise au tombeau.

Mentre le figure sullo sfondo mantengono ancora una certa rigidità nelle posture e nella disposizione, il gruppo in primo piano conquista una nuova morbidezza. Il corpo di Cristo non è più un corpo scheletrico e contorto..
Attraverso questo corpo, completamente abbandonato dalla vita, la morte diviene tremendamente umana.
Le lacrime della Vergine e delle due donne che si protendono su di lui, sembrano pure e sincere, nella loro trasparenza. Non è un dolore drammatico o tragico: nella loro pacata tristezza, c'è comprensione e adesione a un destino più alto da compiere. Emerge tanta umanità in questo addio pervaso da una tristezza umile e consapevole di essere di fronte ad un addio preannunciato.

Infine vorrei parlare di una splendida scultura di Methieu Kessels, Scène du déluge.
Methieu Kessels, Scène du déluge


Lei, che si aggrappa con le ultime energie al piede dell'uomo e tiene ancora stretta a sé il figlio. Ormai quasi a peso morto, il corpo è segnato dalle vesti bagnate a cui il figlio si aggrappa nel tentativo di sollevarla. I capelli le cadono morbidi sul braccio e la bocca è dischiusa, come fosse priva di sensi. L'uomo, in tutta la sua tonicità, la sostiene tirandola anch'egli per il vestino e prendendola con una mano sotto un braccio.
Un attimo è qui rapito e conservato: l'attimo in cui lei cede e i riflessi pronti di lui lo spingono ad agire senza pensare.
Sul retro, un serpente..

Scène du déluge.



















Da non dimenticare (e da non perdere!), il capolavoro di Jacques Louis David, Marat assassiné.

Jacques-Louis David, Marat assassiné.

mercoledì 3 aprile 2013

Musée Wiertz, che sorpresa..


Museum Wiertz


Passo attraverso un cancello e si apre davanti a me un piccolo passaggio fino alla porta bianca. Il museo non è molto grande: giusto un corridoio e una grande sala, ma bellissimo e sopratutto gratis (quindi tanto vale provare, no?).

A. Wiertz, la lutte humerique

Il primo impatto è sconvolgente: ne "La lutte humerique" ritrovo la forza del periodo nero di Goya mentre la potenza dei muscoli tesi del cavallo mi ricorda gli schizzi di Leonardo  per la Battaglia di Anghiari.
Leonardo, Battaglia di Anghiari

Goya, Saturno divora i suoi figli














A. Wiertz, Une grand de la terre


Alle mie spalle "Un grand de la terre", in tutta la sua imponenza e maestosità.
Ai piedi del gigante, un avvilupparsi crudele di corpi ammassati. Tra di essi, gli ultimi segni di resistenza: una mano che si aggrappa con tutte le energie al piede del gigante. Dietro il piede c'è un uomo dal volto terrorizzato che cerca di fuggire, ma la mano imperiosa  già scende lentamente su di lui, alle sue spalle.

Quanta ferocia in questa postura contorta, nei muscoli tesi della gamba e nel ghigno brutale della bocca, con cui trattiene un uomo per la gamba sanguinante.
La luce bianca che si diffonde dal fondo rende ancora più tragico l'intreccio disordinato e caotico degli avvenimenti, al confronto con la sua purezza.
Un solo eroe è presente, a lato, con il suo mantello rosso e pronto a sfoderare la spada. Non ha paura, lo sguardo è fermo..è pronto a battersi.




A. Wiertz, Triptychon


Nel trittico con la pietà centrale, Wiertz dimostra di avere compreso e metabolizzato anche la grazia di Raffaello e alcune sfumature del Manierismo. 
La Madonna con la mano sinistra sfiora il braccio ormai freddo del figlio, mentre avvicina il suo volto a quello del Cristo. Quanta dolcezza nel suo volto materno e in quel gesto! Nulla attorno le interessa o la distrae.. è il momento del suo ultimo saluto al figlio.




Se nelle tele di piccolo formato dimostra la sua bravura nel rendere la grazia e la dolcezza, è nelle sue tragiche e imponenti tele che riesce davvero a stupire. La sua è una potenza romantica, degna della IX sinfonia di Beethoven.

A. Wiertz, Le triomphe du Christ

In questo trionfo riconosco ancora una volta la lezione italiana: il dito proteso dell'arcangelo, riecheggia chiaramente il dito di Dio nella Creazione di Adamo di Michelangelo. All'estrema sinistra, la figura a testa in giù mi ricorda invece la pelle in cui Michelangelo celò il suo autoritratto nel Giudizio universale (il che è plausibile, visto che ha vissuto a Roma per qualche anno).
La mela che precipita verso il basso (sulla sinistra) richiama al peccato originale e cade velocemente come le anime dei peccatori sono cadute nel peccato. Al centro, in alto: Cristo. Luminoso, si erige crocifisso in memoria del suo sacrificio.

A. Wiertz, L'enfant brulé


In questa tela il corpicino paffuto del bambino, ancora dolcissimo seppur già cianotico, è completamente abbandonato alla presa della madre. Lei cerca di intervenire il prima possibile, la presa è rapida e il volto è deformato dal terrore. Anche qui, non posso fare a meno di ripensare a un grande pittore italiano: Caravaggio. Il volto della madre ha la stessa espressione della Testa di Medusa.




Il museo è aperto dal martedì al venerdì, dalle 10h alle 12h e dalle 13h alle 17h.
Ingresso gratuito. 
Per maggiori informazioni vi rimando al link del Musée Wiertz.

 

lunedì 25 marzo 2013

The obsession of the demiurge: Neu Rauch



Eccomi qua, finalmente di ritorno e in diretta dal Belgio, per parlarvi della mostra dedicata a Neo Rauch al BOZAR di Bruxelles.

Der Vorhang


La mostra ripercorre la carriera dell'artista a partire dal 1993 al 2012,e in ordine cronologico, tuttavia anacronisticament a partire dalle ultime opere per poi risalire alle prime.

Devo ammettere che a un primo sguardo, le sue opere lasciano straniti: un sapore forte di realismo socialista, si fonde con fantasie surrealiste, paesaggi immobili ed eterni alla De Chirico e immagini che ricordano il fumetto.

martedì 29 gennaio 2013

Eclissi di mente. Non voglio mica la luna..o forse si.



Come sempre, i miei post nascono da qualcosa che mi colpisce.. Oggi devo ringraziare Daniele Spina e i suoi fumetti su filosofiablog.

Se nell'eclissi un corpo si posiziona tra una sorgente di luce e un altro corpo, nell'eclissi di mente la luna oscura l'intelletto agente.

Ma se non fosse la luna a creare questo muro invisibile e pieno tra noi e il nostro intelletto?


Se fosse un pensiero a collocarsi fra noi e la realtà, in una sorta di foschia emotiva, avvolgendoci e allontanando qualsiasi interferenza.. come in apnea, come in questa foto di Susanna Majuri. I suoi soggetti femminili, tra abbracci e movimenti danzanti, interagiscono in quest’atmosfera fluttuando nell’acqua, unico elemento che dona consistenza e concretezza agli scatti e ci riporta alla realtà.

Susanna Majuri

Durante l'eclissi, una sorta di cortocircuito interno mette fuori uso la nostra lucidità, ci rapisce in un tempo sospeso, come per questa donna dipinta da Jack Vettriano.

Jack Vettriano




Ci vuole forza per guardare diretti in volto la doppia faccia dell'eclissi: meraviglia e paura.


Si può avere paura infatti. Molti popoli ne temevano l'ombra: come fosse la morte del sole, tentavano di scacciarla.
Un'ombra è qualcosa di incomprensibile, di inafferrabile e imprevedibile..



A. Kokocinski



Serve comunque un certo equilibrio; l'eclissi avviene solo quando tramite un allineamento perfetto tra i corpi. Così nell'eclissi di mente ci vuole equilibrio, una sorta di allineamento tra noi, il nostro pensiero, le nostre emozioni e il mondo esterno.. 
Per non essere sopraffatti e inghiottiti dall'oblio.
Come il corpo avvolto nell'oscurità dipinto da Kokocinski, "mia perduta freschezza".




La natura grandiosa dell'eclissi porta turbamento, ma anche desiderio di guardare, di riallinearsi come quei corpi e indagare dentro di sé. Essa infatti è simbolo di transizione luce-buio-luce, di fasi. Porta alla sospensione del tempo, fino all'esplosione di una nuova luce.. come in questa meravigliosa scultura di Paige Bradley.
Vorrei commentare l'emozione di quest'opera per me, ma lascio l'onore alle parole dell'autrice.

Expansion, Paige Bradley




From the moment we are born,
the world tends to have a
container already built for us
to fit inside: A social security
number, a gender, a race,
a profession or an I.Q. I ponder
if we are more defined by the
container we are in, rather than
what we are inside. Would we
recognize ourselves if we could
expand beyond our bodies? 
Would we still be able to exist
if we were authentically
'un-contained'?







Dietro alla paura dell'ombra, si cela infatti il ritorno della luce. E così l'eclissi di mente può significare anche il momento in cui ci si abbandona a qualcuno, come le pagine intime di una confessione che svela le ombre.
Paura e sollievo, sincerità e coraggio, intimità..
Bacio, E. Munch



La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.
Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento...
da Canto alla luna di A. Merini







Non voglio mica la luna.....o forse si.

I want! I want!, William Blake.

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