giovedì 29 marzo 2012

Gustav Klimt, disegni intorno al Fregio di Beethoven


In occasione del 150° compleanno di Gustav Klimt, la provincia di Milano gli ha dedicato questa splendida mostra allo Spazio Oberdan (zona Porta Venezia): Gustav Klimt, disegni intorno al Fregio di Beethoven (è aperta fino al 6 maggio, quindi affrettatevi).
Dopo una prima stanza introduttiva, dedicata ai manifesti della Secessione Viennese e alla rivista Ver Sacrum, legata al movimento, si entra subito nel pieno della mostra con la riproduzione in scala reale del Fregio di Beethoven. L’opera, che occupa ben tre pareti, è resa ancora più imponente dalla Nona Sinfonia di Beethoven riprodotta in sottofondo all’interno della sala. L’allestimento del fregio è concepito secondo l’idea di Klinger per la sua grande scultura, raffigurante appunto Beethoven: l’artista visto come salvatore e liberatore dell’umanità afflitta.
Purtroppo manca la prima parte con la Debole Umanità sofferente che prega in ginocchio il Cavaliere armato (emblema della virtù), il quale, accompagnato da Orgoglio e Compassione, acconsentirà a farsi carico dell’impresa.
Le tre grandi pareti presenti sono dominate ciascuna da un tono cromatico diverso: la prima colori cupi e scuri dovendo raffigurare i vizi e le difficoltà dell’uomo; la seconda è dominata dal bianco, a far da sfondo alle buone intenzioni e agli aneliti; infine, la terza è dominata dall’oro, forse a memoria della vittoria del cavaliere, forse ad emblema dell’eternità.


La prima parete colpisce in tutta la sua oscura brutalità: la pazzia si fa largo a forza nell’angolo a sinistra, raffigurata come una vecchia dal viso scheletrico e dai seni decadenti, con gli occhi argentei e vuoti. Tristissima è la terza Gorgone, che alza la gamba quasi a chiudersi nelle sue stesse sofferenze. Nell’insieme si percepisce caos e perdizione, enfatizzati dall’ampio spazio decorativo (circa metà parete) dedicato a un turbinio vertiginoso e a linee spigolose; vortici squamati come serpenti che soffocano lo spettatore, non lasciando un solo centimetro di sollievo.

Abbandonata e sola fra queste spirali, troviamo la raffigurazione di Dolore Struggente: una donnna ossuta e dalla pelle decadente, ranicchiata su se stessa. Pesano i lunghi capelli neri e gli angosciosi veli neri trasparenti; leggeri forse, ma per lei così opprimenti. La sua fragile figura assume ancora più risalto nel suo abbandono al centro del trambusto di quelle oscure presenze; sola, mentre le altre figure cercano di farsi spazio, ammucchiate come sono nella prima metà della parete. Appesantita, intrappolata tra le desolanti spire, è oltretutto sovrastata da pungenti linee color ghiaccio che la premono verso il basso. Proprio a metà tela, centrale eppur in basso, quasi a non destare attenzione, l’emblema della più grande paura dell’uomo: un teschio, la morte.


Nella seconda parete prevade il bianco candore, mentre in alto scorrono le volontà: figure di donne soavi, leggere, morbide e dagli occhi socchiusi. Eppure anche la volontà più pura si scontra con le difficoltà: così queste leggiadre figure finiscono per ammucchiarsi, scontrandosi verso un invisibile muro. Sotto di loro, una figura di donna con una lira in mano, è la raffigurazione della Poesia: a testa china, ripiegata passivamente su se stessa e con gli occhi chiusi, attende il cavaliere perché l’anelito alla felicità possa placarsi con l’unione dei due.



Il Fregio prosegue con le arti, che con un moto ondoso ma equilibrato si innalzano verso l’alto per poi allungare il braccio a sinistra tendendo la mano al Coro degli angeli del Paradiso: un coro ordinato, immobile, sospeso in aria. I volti degli angeli sono rivolti verso l’alto, così come i palmi delle mani, che contengono fiori.

Infine abbiamo il lungo abbraccio, esaltato da un’esplosione dorata di sottofondo, con cui il Cavaliere si unisce alla Poesia. Le linee che prima si erano fatte morbide e leggere, ora tornano forti e marcate a delineare il muscoloso corpo maschile di schiena.
Probabilmente non avrei dato troppa attenzione a questo abbraccio, non fosse per la lunga chiacchierata che ho avuto il piacere di fare con un signore proprio all’interno della mostra. C’era qualcosa in quell’abbraccio che non mi emozionava e grazie a lui ho capito. In quell’abbraccio all’apparenza protettivo, percepivo il fastidio che prova un bambino nei confronti di una madre troppo invadente. L’uomo, interamente di schiena, forse protegge la poesia, ma al contempo l’annulla, la soffoca; quasi non ci accorgeremmo di lei se non fosse per quelle braccia bianche lanciate attorno al collo di lui.
Un abbraccio molto più intenso, invece, l’ho ritrovato in uno dei disegni esposti nelle due sale successive. Forse non più intenso ma più umile, più sincero. Il piccolo studio di nudo rappresenta una donna incinta e un uomo. Qui il rapporto non è sbilanciato: entrambi si abbracciano e sorreggono a vicenda. L’uomo, dal corpo forte e ben delineato, china la testa sulla donna con profondo rispetto e consapevole della responsabilità comune nei confronti della nuova vita in arrivo. Il disegno della donna incinta verrà tradotto poi nella splendida ed elegante figura di Speranza, ma dell’uomo che la sorregge e del profondo legame tra i due non c’è più traccia. A volte le committenze posso fare grossi pasticci..
Un altro disegno su cui voglio scrivere due righe (nonostante purtroppo non abbia alcuna immagine da mostrarvi) riprende due amiche. Anche queste sono abbracciate, l’una seduta a fianco all’altra. La figura centrale è ben delineata mentre l’amica al suo fianco è appena abbozzata. C’è stato chi, in sala, ha interpretato questa presenza/assenza come qualcosa di onirico (probabilmente influenzato da i disegni precedenti, che raffiguravano appunto delle donne addormentate). Personalmente, ho visto l’allegoria dell’amicizia, quella più pura e senza secondi fini; quel sentimento profondo che ti lega e ti rende sempre presente affianco all’amico, anche nell’assenza (quando non puoi esserlo fisicamente).

mercoledì 21 marzo 2012

"Da Vermeer a Kandinsky", mostra a Castel Sismondo, Rimini.



Proprio ieri sono stata alla mostra organizzata da Linea d’ombra al Castel Sismondo a Rimini (visitabile fino al 3 giugno 2012). La mostra ‘Da Vermeer a Kandinsky’ ha l’ambizioso obiettivo di rappresentare mediante le opere il percorso artistico cha va dal Quattrocento al Novecento, che siano emblema della pittura nelle varie nazioni e nelle varie regioni d’Italia. Le aspirazioni sono alte e l’obiettivo è con difficoltà raggiunto: lo spazio a disposizione e il numero limitato di opere (relativamente all’ampio arco di tempo in esame) rende poco chiaro il percorso.
I testi sulle pareti (molti ripresi dal catalogo, ma non solo), in compenso, accompagnano con chiarezza e semplicità il visitatore lungo la mostra, compensando il limite del percorso..



L’immagine scelta per rappresentare la mostra è la Vergine e il Bambino con San Girolamo e san Nicola da Tolentino (1523-24) di Lorenzo Lotto. Colpisce già al primo sguardo il sapiente uso dei colori: il morbido sfumato dei tessuti e la forza dei colori saturi, in particolare del drappo verde appeso alle spalle delle figure e il rosso e il blu delle vesti della madonna. Al contempo però è delicato nelle aureole e nella luce dorata che protende dal Cristo, così come nel velo della Madonna, talmente leggero da essere quasi impercettibile. 












Commovente è la figura di San Girolamo, con il suo vecchio corpo ossuto e lo sguardo abbassato verso il crocefisso che tiene in mano. Piegato in avanti, con una mano sul cuore, la sua è una sofferenza profonda ma privata: gli occhi lucidi e una lacrima sincera, composta, pronta a rigargli il volto. Quella di San Girolamo, in quest’opera, è un’intima disperazione, riservata.






Ben diverse sono le lacrime di San Pietro nell’opera di Murillo (1650-55) nella sala successiva. Anch’egli piange, ma con lo sguardo rivolto al cielo, le mani incrociate e la bocca spalancata per chiedere perdono: il suo pianto è segno di una profonda preghiera.


Ancora diverse le lacrime del San Pietro penitente di Hendrick Ter Brugghen (1616). Le mani serrate e lo sguardo fermo che cerca risposta, il santo ha la fronte corrugata da un dolore intenso e vivo. Implora il perdono protendendosi in avanti, sino ad appoggiarsi al tavolo: la sua è sempre una preghiera, ma stanca, disperata. Alle pareti appese le chiavi, simbolo del santo.

A questo punto però farei un salto indietro, al Gentiluomo con flauto del Savoldo (1525). Questa volta il tema non è più sacro, ma siamo di fronte a un ritratto. La sala della mostra, in cui l'opera si trova, è impostata per far comprendere l’influenza di Tiziano nel rinnovare la ritrattistica con l’inserimento nei suoi soggetti della “segreta forza dell’animo”.  Il gentiluomo è raffigurato dal Savoldo in una stanza, circondato di libri e spartiti. Purtroppo il vetro messo a protezione dell’opera ne penalizza la visione, creando un velo polveroso tra chi osserva e l’opera stessa. Ciò che riesce comunque a colpire è lo sguardo vitreo del gentiluomo, leggermente adombrato dal cappello: è uno sguardo che penetra ma non si fa penetrare. Emerge una grande delicatezza, in un profondo silenzio.

Di Jacopo da Bassano è il Trasporto di Cristo (di cui ho trovato soltanto questa riproduzione in bianco e nero purtroppo). Il corpo elegante, seppur pesante, del Cristo morto si contrappone allo sforzo di Nicomede e Giuseppe d’Arimatea e ai gesti concitati delle Marie che tentano di sorreggere la Vergine. La Madonna è ormai svenuta, a terra, anche se ha ancora la fronte corrugata dal tentativo di trattenere il dolore di fronte al corpo freddo del figlio. Sulla destra, in lontananza, si scorge il Golgota, con le tre croci ancora alte. La drammaticità del momento è espressa dalla contrapposizione fra il movimento concitato delle figure in primo piano, in opposizione alla natura imponente e ferma, anche di fronte alla morte del figlio di Dio. Tutta la metà superiore della tela è un inno alla natura, minacciosa e solenne, con i suoi alti alberi e il cielo coperto.




Un’altra grande opera che non posso fare a meno di citare è il Trittico del 1944 di Bacon, nella seconda versione appartenente alla Tate di Londra (1988). 




















Bacon mi uccide: la forza dei suoi corpi trasfigurati che urlano nello spazio dilatato di queste grandi tele vuote…è straziante. Come sottolinea Fausto Lorenzi  nel catalogo (e come ripreso nel testo sulla parete affianco all’opera): “per lui c’era solo il corpo, oltre quello il nulla in cui andare alla deriva”. Il profondo rosso sangue dello sfondo non dà tregua, mentre i corpi delle Erinni, piegati, contorti, mostrano le loro bocche urlanti, digrignando i denti. La forza perturbante dei corpi si scontra con la lineare fermezza dei piedistalli, che ricordano gli antichi palchi dei freakshow. L’intera opera è frutto di un’amara meditazione sulla morte: l’agitarsi grottesco della bestia umana in questo vuoto angosciante e il grigio cenere degli incarnati, ricordano tristemente che ogni affanno dell’uomo è vano e che in fondo ognuno quando muore è solo..

lunedì 19 marzo 2012

Scandalo negli abissi, di L.F. Céline


Una prima lettura notturna, tutta d'un fiato, di questo libretto mi aveva lasciata interdetta. Non dico insoddisfatta, tuttavia incerta, non particolarmente esaltata. Nettuno e Venere, litigi coniugali, il mare in tempesta, pesci ovunque. Mah.. 
Poi al mattino faccio colazione e mi ritrovo il libricino proprio sotto gli occhi. Lo riapro, riguardo le illustrazioni di Tadini e le immagini riaffiorano alla mente ancora così fresche. 
Un libro squisitamente umano sui limiti dell'uomo.

Milioni di artisti da tempo immemore tentano di afferrare per un istante la squisita bellezza celestiale di Venere, dea dell'amore. E invece Céline la ridipinge come una donna qualunque, per di più malamente sfiorita. Se l'autore non dichiarasse che è il 1500° anniversario del suo matrimonio con Nettuno forse non ci accorgeremmo nemmeno che si sta parlando ancora di una dea, creatura immortale, tutta presa com'è dal tentativo di sfuggire al tempo con cremine e cotolette di razze per la carnagione e bagni nel latte di balena e..povera Venere! Convinta di guadagnarsi stima e ammirazione, mentre Nettuno ormai distante tenta di sentirsi ancora giovane e potente circondandosi di giovani sirenette. Del resto, chi può recriminarlo con una moglie del genere? E Venere ancora più astiosa e vendicativa. 
E il misero Nettuno, accondiscendente nei confronti del crudele uomo anche quando stermina i suoi sudditi. Malinconico di fronte ad un corteo di madri foche con i loro piccoli a brandelli ma senza comunque avere la fermezza di opporsi. Una reazione l'avrà, ma solo quando lo toccheranno veramente sul vivo. Per la piccola Pryntyl perderà anche l'orgoglio personale, per poi ritrovare la sua furia di dio del mare e vendicarsi delle nefandezze degli uomini; queste bestie di terra che erano riusciti a corrompere persino la fresca bellezza e l'innocenza della sua Pryntyl.. 
Tutti i vizi e le debolezze dell'essere umano sfilano sotto i tuoi occhi mentre leggi, tra le righe di quest'opera. 
Ho completamente cambiato idea: un libro tutt'altro che scontato.

giovedì 8 marzo 2012

'Scrivere un curriculum' di Wislawa Szymborska

Scrivere un curriculum
da "Vista con granello di sabbia"




Che cos'e' necessario?
E' necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si e' vissuto
e' bene che il curriculum sia breve.
E' d'obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di piu' chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all'estero.
L'appartenenza a un che, ma senza perche'.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l'orecchio in vista.
E' la sua forma che conta, non cio' che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.



Sto per laurearmi in Storia dell'Arte e come tanti, in Italia e non solo, vivo l'amarezza di dover lottare per un futuro.
Questo blog è il simbolo della mio amore per l'arte e la cultura. Non so se potrò fare della mia passione un mestiere ma continuerò senz'altro a sostenerla e diffonderla..
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001